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Fabia Ghenzovich - [Poeta Italiana]


Fabia Ghenzovich è nata a Venezia dove vive .Sue poesie si trovano nella rivista “Le voci della luna”, nella rivista “Poesia”pagina per competenza di Roberto Carifi , nella rivista “Il Segnale”, nella rivista padovana “ Inverso” , nella rivista “La Mosca” di Milano e “Il tetto”e nella rivista telematica “Adiacenze” a cura di Adam Vaccaro, nel sito culturaespettacolo del comune di Venezia a cura di Roberto Ranieri e sul sito Poiein a cura di Gianmario Lucini. Recensioni di: Adam Vaccaro, Anna Lombardo, Luigi Cannillo, Lucia Guidorizzi, Loredana Magazzeni, Roberto Carifi, Francesco Manna, Raffaele Messina, Roberto Ranieri, Enrico Galavotti, Stefano Guglielmin e Sandro Mattiazzi. Ha partecipato alla prima Biennale di poesia “Officina della percezione” premio Lorenzo Montano–2004 a Verona –e nel 2005 al Festival Verona poesia. E’ interessata alla poesia e alle sue possibili interazioni e contaminazioni tra i linguaggi dell’arte e in particolare con quello musicale, come nel caso di “Metropoli”, testi musicati in stile rap, con più rappresentazioni a Venezia, Mestre, Padova e Milano. Nel marzo 2007 ha pubblicato per la Joker edizioni il libro “Giro di boa” presentato alla Mondadori a Venezia. Nel 2008 è stata segnalata al premio Renato Giorgi (Sasso Marconi), nel 2009 ha vinto il secondo premio per la silloge inedita al premio Guido Gozzano e segnalazione al premio Turoldo.
Crepuscoli

Trasparenze danze visionarie
incerti contorni dilatati
confondono crepuscoli
in questa città sfuggente
come gli arcani d’acqua
del suo ventre salato.


Nanà

Solitaria agonia dell’integra notte
dilata in silenzi d’acqua e di pietre
il nome di Nanà il nome di tanti.
Sono andati via nessuno sa dove.


Venezia postuma

Chi sarà l’ultimo palmato abitante
di questa Venezia postuma?
Trasparente bianca crisalide di pietra
cuspide balaustra istoriata d’alghe
ora cattedrale sommersa
per la curiosità di flash subacquei
e pesci spazzini ultimi guardiani del degrado
i soli che potrebbero dirsi veneziani.


Che mi chiamino i fiori

Che mi chiamino i fiori
dal “pergolo”da una bifora
dall’aperto giardino
emanando bagliori
con le loro vocine opalescenti
con quel loro candore celestino.
Non starò a bocca aperta
a sbirciare un qualche trucco
risponderò sommessamente
come si conviene per una grazia ricevuta.


Luce

Basterebbe questa luce doppia
che si specchia e rimbalza
sull’acqua esattamente
come i suoni e le voci
di chi a Venezia vive.
Un chiacchiericcio continuo
di onde si fonde con la cantilena
del dialetto col borbottio dei passi
ma senza fretta sosta
fin dentro ai meandri della bellezza
una pace tersa che non ha tempo
come se si potesse misurare l’eternità
nella luce.
Basterebbe solo questo fermarsi
per dire la vita è qui adesso
tra il venire e l’andare
e non c’è nulla da chiedere
niente da capire
soltanto questo sentirsi - pronti.


Effimera statuina

Effimera statuina ti sommerge
l’alta marea d’un pulviscolo di neve
nella bolla di vetro finto
di un souvenir. Matrona postuma
ti vesti di antichi fasti ma hai gambe
lignee di vecchia e un cuore sepolto
da tanto ciarpame da non poterlo
più sentire nella forza delle barene
emergere dai fondali strati
di silenzio che l’eterno sali /scendi
della marea frantuma.
Chi potrà udirlo ancora
cuor de piera pien de sal *
su masegni veci fruai dal paasso
bagnai de sciroco lustrai dal maestral.



*traduzione dal dialetto veneziano

Cuore di pietra pieno di sale
su pietre vecchie consumate dal passo
bagnate dallo scirocco lustrate dal maestrale.


Fabia Ghenzovich
Todos os Direitos Autorais Reservados ao Autor

Um comentário

Anônimo disse...

La ringrazio per Blog intiresny